Ponti che crollano come costruzioni di cartapesta, cieli disperati che ci inondano del loro pianto, fiumi arrabbiati di fango a ricordarci gli sfratti abusivi che gli abbiamo fatto, strade che si fanno corsi rovinosi di acqua, auto, alberi.
E’ l’urlo muto della Natura che, da noi troppo a lungo inascoltata, ora ha detto “basta”.
Lontani riecheggiano i versi della poesia “Sono i fiumi” di Borges:
“Noi siamo il vano fiume prefissato,
dritto al suo mare. L’ombra l’ha accerchiato.
Tutto ci disse addio, tutto svanisce.
La memoria non conia più monete.
E tuttavia qualcosa c’è che resta
E tuttavia qualcosa c’è che geme.“
E riecheggiano come una nenia antica, una smisurata preghiera, una consolazione tenue…