Marco Simoncelli, alias SuperSic, giovane talento del motomondiale, non c’è più. Se lo è portato via quella pista della Malesia che solo tre anni fa l’aveva incoronato campione mondiale. Scherzi del destino. O trame. Comunque incomprensibili.
Colpisce rivedere il suo videomessaggio di qualche giorno fa da un albergo in Malesia. Seduto sul letto a raccontarsi come qualsiasi ragazzo di quell’età, ma con un di più disarmante, quella genuinità e spontaneità tutta di provincia che ti fa rimanere quello che sei nato anche di fronte al successo. E poi quel “niente” intercalato nel racconto dall’accento romagnolo, un “niente” che sembra raccontare di sogni che devono ancora prendere forma nella testa di chi sogna. Già, la testa, quella chioma enorme, fuori misura, in un novello Sansone che testimonia la sua forza solare attraverso quella zazzera, e un sorriso tra il dolce e il malinconico.
Quei capelli che, qualche minuto prima del via in pista, nasconde con un asciugamano e un ciao che dopo qualche ora si rivela definitivo.
Ma adesso Marco lo pensiamo già a correre per le strade del cielo, veloce centauro dai capelli al vento e i sogni adesso compresi.