Andrea Zanzotto, nato il 10 ottobre 1921, è ritenuto il nostro più grande poeta contemporaneo. Ha attraversato il Novecento utilizzando il linguaggio poetico in tutta la sua polivalenza semantica, risultando a tratti anche oscuro, compiendo però sempre un viaggio nel profondo.
E proprio come “una talpa” intenta “a scavare nel linguaggio e nel paesaggio” l’ha descritto Eugenio Montale, aggiungendo: “A lui tutto serve, le parole rare e quelle dell’uso e del disuso; l’intarsio della citazione erudita e il perpetuo ribollimento del calderone delle streghe. Sullo sfondo, poi, può esserci tanto il fatto del giorno che il sottile richiamo psicologico. E’ un poeta percussivo ma non rumoroso: il suo metronomo è forse il batticuore”.
E’ sufficiente leggere la poesia “Al mondo” per sentire il “batticuore” di Zanzotto:
“Mondo, sii, buono;
esisti buonamente,
fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.
Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere, super-morire
il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, non tu “santo” e “santificato”
un pò più in là, da lato, da lato.
Fa’ di (ex-de-ob etc.) -sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote
abbi qualche chance
fa’ buonamente un po’;
il congegno abbia gioco.
Su, bello, su.
Su, munchhausen.”
Auguri, Maestro.