Mai visto svolgere tanti compiti delle vacanze come in questa estate. Ovunque un proliferare di quaderni, libri, grammatiche, esercizi.
E persone impegnate a riempire pagine su pagine, arrovellandosi sul passato remoto di un verbo irregolare piuttosto che sull’infinito di certe equazioni. Per non parlare delle schede libro, che stanno diventando il business del futuro.
Ho detto persone, non studenti. Perché il paradosso dei compiti delle vacanze è che essi sono diventati “i compiti delle vacanze” per i genitori. E te ne accorgi non solo dalla compilazione adulta, ma dal linguaggio usato per raccontare i famigerati compiti.
Infatti in un tempo giurassico si diceva: “Oggi mio figlio, prima di scendere in spiaggia, ha finalmente fatto tre pagine di compiti delle vacanze”, con fastidio genitoriale nei confronti del figlio svogliato. Poi il tempo si trasforma diventando moderno, e qualche anno fa la frase era cambiata in: “Oggi io e mio figlio, prima di scendere in spiaggia, abbiamo fatto, meno male, tre pagine di compiti delle vacanze”, con fastidio genitoriale nei confronti dei troppi compiti. Adesso, che il tempo è supersonico, e come dicono gli studenti “ci stai troppo dentro”, la frase è: “Oggi, prima di scendere in spiaggia, ho dovuto fare tre pagine di compiti delle vacanze”, con fastidio genitoriale nei confronti del docente.
Potenza delle frasi twitter, se la spiaggia e i compiti sono rimasti, è sparito un figlio, uno studente a cui sono stati assegnati i compiti. E la persona da terza singolare è diventata, passando attraverso un plurale, una prima singolare.
Oggi sono i genitori a svolgere i compiti delle vacanze, e forse noi docenti dovremmo infine prenderne atto. Ho indagato e chiesto le ragioni di tale fatica genitoriale al posto dei figli, e la risposta più frequente è stata: “Così perdiamo meno tempo, e poi mio figlio non ha voglia”.
Già, tempo e voglia. Che sono poi tra gli ingredienti base per cucinare, lentamente e con metodica cura, la propria vita. Ma quest’estate anche “Robinson Crusoe” e tutta la sua lenta fatica è stato letto (forse) da un genitore. Sottraendo così al figlio l’occasione di un vero viaggio. Di una vacanza speciale.
Analisi perfetta, cara Ester. Ahimè, aggiungo.
I libri? Non li leggono (nemmeno i genitori, non dubitare) e scaricano da Internet le schede di lettura bell’e pronte. Ne ho la certezza da quando un mio allievo, che doveva leggere “Ivano” di Chrétien de Troyes, mi ha presentato la scheda di “Ivanhoe” di Walter Scott. 😦
Che splendido refuso! Io ho ormai eliminato le schede libro, cara Marisa. Ho introdotto dei test da svolgersi in classe con domande molto circostanziate su intreccio, personaggi, frasi, e finalmente premio chi davvero legge. E gli altri.., “ciccia” come dico io, e come ormai dicono anche i miei studenti. E quelli più piccoli comprendono presto che fare il proprio dovere è un fatto etico. A presto, Es.
Ah…i compiti delle vacanze…!!
Non mi sono mai stati simpatici. A quale fanciullo/fanciulla lo sono stati??
Una prof da cui ho preso qualche lezione di inglese sosteneva che andassero fatti appena a ridosso della fine della scuola… “così sei ancora fresco di studio e poi hai tutta l’estate libera…!”. PURA FOLLIA (anche se con il senno di poi, non aveva tutti i torti…)!!
Poi c’è da dire che con il papà prof e la mamma casalinga che badavano a me, non ho potuto sgarrare molto…
Li ho fatti sempre io però. E li ho sempre ritenuti una profonda ingiustizia…! :).
I libri da leggere: stesso discorso…
Ho iniziato ad amare la lettura, quando non me l’hanno più imposta…
La scuola, quella a cui devo le fondamenta di ciò che sono, la si apprezza sempre “dopo”…
Ciao.
Pensa che la teoria di quella tua prof è quella dei miei studenti! Quando gli opposti coincidono! E con questo ho detto tutto… A presto, Es.