IL FILM
“Primavera, estate, autunno inverno… e ancora primavera” di Kim Ki-duk (2003)
Già nel titolo respirano le stagioni, e la primavera ha un respiro di ritorno. La fotografia è superba (quasi un esercizio di calligrafia) ma leggera (la danza del monaco buddista sul ghiaccio rimanda al pensiero di Gurdjieff e ad alcune canzoni di Battiato). Un monastero coreano, in cui passa il senso della vita attraverso episodi minimi, ci riconcilia con la circolarità energetica del cosmo. Perché il nostro umano passo si adatta alle stagioni, e la primavera, col suo nuovo inizio, porta inscritto un messaggio per ciascuno, qualsiasi sia la stagione di vita. E poi questi fotogrammi regalano un respiro più tranquillo, profondo, in intima connessione col Tutto. Insomma, una parabola Zen.
La particolarità: l’eremo galleggiante è stato costruito appositamente per il film e poi distrutto. Il lago coreano di Jusan è anch’esso artificiale, allestito 200 anni fa, ed è parte di un parco nazionale in cui non è consentito alcun edificio.