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Risultati immagini per alluvione di firenze

Cinquant’anni fa, il 4 novembre 1966, dopo intense precipitazioni l’Arno straripava e allagava Firenze, sommergendola di fango.

Dalle ore 4 del mattino la situazione precipita: le acque dell’Arno invadono il Lungarno Benvenuto Cellini, giungono alla Biblioteca Nazionale Centrale nel quartiere di Santa Croce. Salta la luce elettrica, gli orefici del Ponte Vecchio cercano di mettere in salvo i gioielli preziosi, la tipografia del quotidiano La Nazione allagata di 5 metri va fuori uso. Alle ore 9 l’Arno “entra” in Piazza del Duomo e in alcune zone della città ha già raggiunto il primo piano delle abitazioni. In giornata la situazione precipita ulteriormente, con l’acqua a portare via anche vite umane.

Alle 21,42 così l’ANSA riassume l’alluvione: “Firenze è un immenso lago immerso nelle tenebre, di acque limacciose che si estendono per oltre sei chilometri quadrati nei quartieri a nord dell’Arno e in un’area imprecisata nei quartieri a sud del fiume. L’inondazione, la più grossa dal 1270, interessa due terzi della città. Manca l’acqua, manca il gas, l’energia elettrica è erogata soltanto in alcune zone, il telefono non funziona. La situazione è drammatica nelle case di abitazione e negli ospedali. Anche nelle zone risparmiate dall’inondazione scarseggiano i rifornimenti alimentari; nelle altre è impossibile l’approvvigionamento“.

Innumerevoli i danni ai depositi degli Uffizi, ma qui furono gli “Angeli del fango” ad avere la meglio sull’acqua. Migliaia di giovani di tutte le nazionalità, subito dopo l’alluvione, arrivarono in città per salvare le opere d’arte e i libri.

Ricordando ieri e oggi, tali eventi siano da monito soprattutto alle istituzioni. Essere vigili rispetto alla forza della natura, attraverso il rispetto e la cura del territorio. Sottraendo alla noncuranza e al malaffare il bene di tutti.

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alluvione genova

Oggi, 12 ottobre, è la giornata del FAI, il Fondo Ambiente Italiano, che tutela e valorizza l’arte, la natura e il paesaggio italiano.

Quel paesaggio italiano piegato e piagato da innumerevoli ferite.

Ultima, ma temo non ultima, quella che vede Genova ancora una volta coperta di fango. Colpevole non la pioggia ma l’incuria, la miopia, la lentezza della macchina burocratica che, anche quando le risorse economiche sussistono, le blocca come il cemento per i fiumi o le fa defluire altrove come certe acque interrate.

E così, ancora una volta, gli “angeli del fango” a spalare, parte sana di un Paese stremato. Con un paesaggio che ovunque, dalla terra dei fuochi in Campania alle colline smantellate in ogni dove, dai fiumi interrati di Genova al muto e afflitto centro storico de L’Aquila, grida aiuto. Ma con la voce sempre più soffocata dal rumore inutile del Potere Parolaio.

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