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Archive for ottobre 2014

zucca-turbante-di-turco-mini

Quasi quasi azzardo e scelgo “scherzetto”.

Del resto è un po’ di tempo che ci fanno credere che le zucche siano carrozze…

Ps: ogni riferimento a qualsivoglia “fiaba” è puramente casuale.

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Eduardo-De-Filippo

A trent’anni dalla scomparsa del drammaturgo partenopeo Eduardo De Filippo, per tutti Eduardo, viene ricordata la sua eredità, densa e viva.

Alcune sue commedie sono diventate dei modi di dire proverbiali, da “Gli esami non finiscono mai” a “Napoli milionaria”. Che dire poi del famoso “Ha da passà ‘a nuttata“? Adottando il parlato popolare Eduardo ha elaborato una lingua teatrale che ha travalicato il napoletano rendendolo lingua universale, e facendo del teatro dialettale un “teatro d’arte”. Una lezione messa a frutto dalla mimica di Massimo Troisi e dal  grammelot del Premio Nobel Dario Fo.

Scegliere un suo estratto per rendergli omaggio non è semplice, anche se la sua capacità di “scolpire” situazioni minime della vita sembra toccare uno dei suoi vertici descrivendo, nella commedia “Questi fantasmi”, la preparazione del caffè, che da autentico napoletano diviene rito: “Sul becco [della caffettiera napoletana] io ci metto questo “coppitello” (cappuccio) di carta [in modo che] il fumo denso del primo caffè che scorre, che è poi il più carico non si disperde. Come pure… prima di colare l’acqua, che bisogna farla bollire per tre quattro minuti, per lo meno, …nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata, …in modo che, nel momento della colata, l’acqua in pieno calore già si aromatizza per conto suo“.

E chi ascolta comincia, somma bravura dell’autore, a sentire in quelle parole l’aroma del caffè…

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ilfuturo

Nell’estate 2013 era uscita una raccolta di aforismi di Bob Marley, edizioni Mondadori, dal titolo Il futuro è solo l’inizio.

Un anno dopo, in quel di Firenze, in un finto garage alias “Leopolda”, torna quello slogan, diventando un brand.

Nella ex storica stazione ferroviaria si è fatta una scelta comunicazionale, taccio su quella dei contenuti, facendo propria questa frase del re del reggae. Senza che in realtà lo sia.

Infatti il new brand leopoldiano/renziano è il titolo italiano della raccolta di pensieri del musicista giamaicano. Il titolo originale è una sua canzone, Everything’s Gonna be Alright, “Tutto andrà bene“. Che non è propriamente uguale a Il futuro è solo l’inizio. Anche perché se del titolo della canzone si può immediatamente cogliere l’augurio di un buon futuro, in quello usato a Firenze è difficile cogliere un significato concreto. A meno che non ci si voglia riferire, per quanto ci sia dopo l’inizio, all’eternità.

In realtà la Mondadori ha estrapolato da una frase del cantautore sui dread (“Mi rallegra il cuore vedere magnifici dread che crescono rigogliosi in ogni angolo di mondo. È il futuro. Sarà bellissimo… sarà un inizio.“) un titolo che suona bene. Del resto così funziona una scelta editoriale.

Altro è una scelta di linguaggio politico-programmatico, che non è arte ma “parte”.

Ps: dedico a quell’assemblea la canzone “Natty Dread” di Bob Marley. Illuminante in quei versi: “In questo fantastico futuro, non puoi dimenticarti / del tuo passato.

 

 

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Tullio-Regge_

La scienza è sempre gioco. Il gioco di capire come funziona il mondo“.

Tullio Regge (fisico italiano, 11 luglio 1931 – 23 ottobre 2014), da “L’infinito cercare. Autobiografia di un curioso”.

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isola-maddalena

La notizia è di qualche giorno fa: un diciassettenne surfista scomparso nelle acque dell’arcipelago della Maddalena viene ritrovato, dopo aver trascorso la notte sugli scogli, infreddolito e spaventato ma vivo. Alle prime luci del giorno ha raggiunto un’abitazione della costa chiedendo aiuto.

Il luogo d’approdo fortunoso del giovane Robinson Crusoe si chiama Cala Inferno. Ma nei momenti difficili gli opposti si toccano. E’ stato lui stesso a dichiarare: “Quando ho visto la Spiaggia dell’Inferno mi è sembrato il paradiso“.

Con buona pace della Chiesa, di Dante e dell’immaginario collettivo.

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renzi d'urso

Spero non aver capito, ma temo sia tutto fin troppo comprensibile. E a tratti surreale.

Non commento la modalità, perché di fronte ad uno one man show tenuto da un premier le uniche parole possibili sarebbero le scuse al suo predecessore/cavaliere tanto bistrattato. Ancora una volta il tentativo è di tipo seduttivo-comunicativo su un pubblico particolare, quello di “Domenica Live” con Barbara D’Urso a Canale 5. Il contraddittorio non esiste, ma ormai tale parola appare paleolitica.

Piuttosto, persi nel fluido di un grande blob, non ci accorgiamo quasi del contenuto, seppure solo di un annuncio: ottanta euro mensili alle neo mamme per tre anni. Sarebbe bello. Infatti il condizionale rischia di essere il verbo più trendy dell’autunno, dovendo sempre fare i conti con la mancanza cronica di soldi pubblici. Da dove escono gli stessi per entrare nelle nursery? Dai disabili? Dagli esodati? Dai contratti pubblici congelati? E soprattutto perché è passato sottovoce, sottotraccia, sotto tutto che tale misura bebè varrà/varrebbe (il condizionale…) per tutti i redditi fino a 90 mila euro?

Ma ho capito bene? Vi appare quello un tetto di bisogno? Ma è bisogno o sogno? O è semplicemente selfie?

 

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migranti

E così torniamo ad essere un popolo di migratori.

In base al rapporto “Italiani nel Mondo”, pubblicato dalla Fondazione Migrantes della Cei, il numero delle partenze dall’Italia ha superato quello degli arrivi dei lavoratori stranieri. Regno Unito la meta più richiesta, seguito da Germania, Svizzera e Francia. Recessione economica e disoccupazione hanno raggiunto livelli da giustificare la nuova migrazione italiana. A sorprendere semmai è che la regione da cui si registrano più partenze sia la Lombardia, seguita dal Veneto.

Possibile allora che oltre alla carenza di lavoro sia anche la perdita di fiducia nel sistema Italia a far preparare le valigie da emigranti?

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"La persistenza della memoria (Orologi molli)" - Salvador Dalì, 1931

“La persistenza della memoria (Orologi molli)” – Salvador Dalì, 1931

Nella “modernità liquida”, come ci ha insegnato il sociologo Zygmunt Bauman, tutto perde consistenza.

E se si sciogliesse anche il tempo, lasciandoci liberi dalle sue incatenate lancette?

Saremmo davvero capaci di sostenere la completa libertà temporale?

Lo intuì il grande Salvador Dalì, sapendo che un tale gioco è meglio resti surreale.

Mentre sono le tracce mnestiche, nel loro persistere, a renderci orologi di noi stessi.

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modotti

Chiusa da poco una mostra fotografica, quella su “Tina Modotti – Retrospettiva ” allestita a Torino in Palazzo Madama, intorno alla figura di una delle fotografe più celebri al mondo, vissuta nella prima metà del Novecento. Una mostra fotografica particolare.

O meglio, una mostra che in me ha suscitato sensazioni diverse da quelle che mi aspetto da una ricezione di fotografie.

Solitamente sono gli occhi ad essere sollecitati, compiaciuti, sorpresi, goduti dalla visione di fotografie d’arte. Invece qui è stato il cuore a sorprendersi, per la vicenda biografica, breve e convulsa, di Tina Modotti, e per le azioni/reazioni di questa donna agli accadimenti del destino.

Per esempio quel suo posare nuda e malinconica su una terrazza assolata ripresa con mano non solo artistica ma soprattutto affettuosa dal suo amante-maestro il fotografo Edward Weston, poco tempo dopo aver perso tragicamente per vaiolo il giovane marito, il pittore Roubaix “Robo” de l’Abrie Richey.

O ancora quel suo ritrarre la bellezza luminosa di Julio Antonio Mella, uno dei fondatori del Partito Comunista Cubano, che la chiamava “Tinissima”, raccontando in quel superlativo tutto il suo amore per lei. E lei che, coraggiosissima, lo ritrae sul letto di morte, lo stesso viso bello di sempre, dopo aver subìto un attentato per strada, proprio mentre con lei passeggiava.

E che dire dell’insistenza poetica del suo sguardo sulle mani, di lavoratori in particolare, per testimoniare così anche il suo impegno politico col movimento comunista?

Faccio mio il termine che per lei ha usato lo scrittore Pino Cacucci, hermosura, che non è unicamente “bellezza”, ma fascino, sensualità, grazia, in riferimento non solo al fisico ma propriamente allo stato d’animo.

E che a distanza di quasi un secolo la hermosura di Tina Modotti continui ad arrivare al cuore mi fa pensare a certe schegge di immortalità che ci compongono. “Perchè non muore il fuoco“, come nell’ultimo saluto a lei scrisse Pablo Neruda.

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alluvione genova

Oggi, 12 ottobre, è la giornata del FAI, il Fondo Ambiente Italiano, che tutela e valorizza l’arte, la natura e il paesaggio italiano.

Quel paesaggio italiano piegato e piagato da innumerevoli ferite.

Ultima, ma temo non ultima, quella che vede Genova ancora una volta coperta di fango. Colpevole non la pioggia ma l’incuria, la miopia, la lentezza della macchina burocratica che, anche quando le risorse economiche sussistono, le blocca come il cemento per i fiumi o le fa defluire altrove come certe acque interrate.

E così, ancora una volta, gli “angeli del fango” a spalare, parte sana di un Paese stremato. Con un paesaggio che ovunque, dalla terra dei fuochi in Campania alle colline smantellate in ogni dove, dai fiumi interrati di Genova al muto e afflitto centro storico de L’Aquila, grida aiuto. Ma con la voce sempre più soffocata dal rumore inutile del Potere Parolaio.

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